L’ascolto delle sinfonie classiche fa luce su come la mente ordina le informazioni esterne.
Si attivano circuiti diversi e i momenti di pausa fra un movimento e l’altro fanno da catalizzatore.
di ALESSIA MANFREDI
E’ UN FLUSSO ininterrotto di informazioni, input provenienti senza sosta dal mondo circostante quello che invade quotidianamente il nostro cervello. E per capire come la mente riesce a scomporre questa onda continua in un insieme di frammenti intelligibili ed ordinati, la scienza si è rivolta alla musica, che si è rivelata un ottimo modello per far luce su come funziona la mente.
Ascoltando, ad esempio, una sinfonia classica si attivano diverse aree del cervello, da quelle relative all’attenzione, alla capacità di previsione e alla memoria. In uno studio pubblicato sull’ultimo numero di Neuron, un gruppo di scienziati dell’università americana di Stanford ha analizzato l’attività cerebrale di un gruppo di volontari mentre sentivano musica barocca, utilizzando immagini ottenute con la risonanza magnetica funzionale. I ricercatori hanno osservato un picco di attività nella parte destra del cervello durante i momenti di pausa fra un movimento e l’altro, paradossalmente proprio quelli con meno stimoli fisici.
Questi momenti di transizione sembrano funzionare come catalizzatore dell’attenzione. “Durante un concerto lo si vede bene”, spiega Vinod Menon, professore associato di psichiatria e scienze del comportamento e neuroscienze, uno degli autori del lavoro. “L’attenzione della gente si disperde in diversi momenti, ma si arresta nei momenti di transizione”. In questi precisi attimi, che seguono la conclusione di un pezzo e anticipano il successivo, il cervello risponde in modo altamente sincronizzato.
E’ così che la mente riesce a dare un senso a tutte le informazioni che riceve in modo caotico, “segmentandole” in frammenti contraddistinti da un inizio ed una fine precisi e ben divisi dagli altri. E la musica è risultata un paradigma facilitato in cui osservare certi meccanismi interni. In una sinfonia “i passaggi fra i diversi movimenti sono un modello ideale per indagare il panorama in continua evoluzione dinamica dell’attività cerebrale, durante il processo di segmentazione”, sottolinea Devarajan Sridharan, primo autore della ricerca.
Diciotto volontari – dieci uomini e otto donne – hanno partecipato allo studio, in cui hanno ascoltato le sinfonie di William Boyce, compositore britannico del diciottesimo secolo tardo barocco. Nessuno di loro aveva un’educazione musicale specifica ma le opere di Boyce sono parse particolarmente adatte per l’esperimento perché formate da diversi movimenti ben distinti e finiti e dallo stile familiare.
Focalizzandosi su un intervallo di tempo di circa dieci secondi prima e dopo lo stacco, i ricercatori hanno visto che sono due i circuiti nel cervello che si attivano nei momenti di transizione; e che in questo processo l’emisfero destro è significativamente più attivo di quella sinistro.
Il cambiamento di un evento – in questo caso la fine di un movimento musicale, la pausa e l’inizio del successivo – attiva un primo circuito, chiamato ventrale fronto-temporale. Il secondo, quello dorsale fronto-parietale, si mette in moto successivamente, focalizza l’attenzione sul cambiamento e, all’inizio del nuovo movimento, aggiorna il processo della memoria.
La musica, poi, potrebbe perfino avere una specifica funzione di adattamento evolutivo, sostiene Jonathan Berger, musicista e professore di musica e co-autore dello studio. Occupa infatti il cervello per un certo periodo di tempo e il processo di ascolto potrebbe essere un modo in cui la mente affina la sua abilità di anticipare eventi.
(La Repubblica, 1 agosto 2007)
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